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Biopersistenza e traslocazione nel cervello degli adiuvanti vaccinali contenenti alluminio

Traduzione C.Li.Va

Traduttrici:  Alessandra Di Vita , Viviana Mioranza

L’idrossido di alluminio è un componente cristallino ampiamente utilizzato come adiuvante immunologico nei vaccini. Una certa inquietudine riguardo all’utilizzo di particelle di alluminio è emersa dopo che furono identificate come fattore causale della lesione da miofascite macrofagica (MMF) rilevata in pazienti affetti da encefalomielite mialgica/sindrome da stanchezza cronica. L’MMF ha rivelato una biopersistenza dell’alluminio duratura ed inattesa nelle cellule immunitarie di individui verosimilmente predisposti, evidenziando così come errata la concezione precedente riguardo la sua eliminazione dall’organismo. Abbiamo già dimostrato come particelle rivestite di alluminio leggermente biodegradabili iniettate per via intramuscolare vengano velocemente assorbite per fagocitosi dai muscoli e dai gangli linfatici e possano successivamente spargersi nell’intero corpo attraverso le cellule fagocitarie per poi accumularsi progressivamente nel cervello. Ciò lascia ampiamente presumere che la biopersistenza duratura degli adiuvanti nelle cellule fagocitarie sia un pre-requisito per una lenta traslocazione verso il cervello e per una neurotossicità a scoppio ritardato. Capire i meccanismi di base della biopersistenza delle particelle e della loro traslocazione nel cervello, rappresenta una sfida importante per il settore sanitario poiché permetterebbe di identificare i fattori di predisposizione legati all’insorgenza di lesioni neurotossiche croniche. E’ probabile che la biopersistenza dell’alluminio sia legata al suo effetto di disturbo al sistema lisosomiale, dovuto probabilmente alla rottura diretta dei cristalli delle membrane fagolisosomiali. I macrofagi che rilevano particelle estranee nel loro cytosol iniziano spesso uno speciale processo di autofagia, la xenofagia (la sua efficacia varia a seconda degli individui), che si ripete fino all’eliminazione della materia estranea. La compartimentazione completa delle particelle negli autofagosomi a doppia membrane e la successiva fusione con lisosomi riparati e riacidificati, espone l’allume al PH acido dei lisosomi, unico fattore che permette di rendere solubili le particelle di alluminio. La traslocazione delle particelle di allume verso il cervello è collegata ad un meccanismo a “cavallo di Troia” descritto precedentemente nel caso delle particelle infettive (HIV, epatite C), ed è controllato attraverso i segnali della proteina CCL2, il principale chemioattrattante dei monociti infiammatori.

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